Doppio incontro con Gea della Garisenda, regina dell’operetta

Doppio incontro con Gea della Garisenda, regina dell’operetta

Riccione ricorda i 100 anni dalla guerra coloniale di Libia con una manifestazione che prevede due presentazioni di libri ed una mostra. L’evento si chiama ”Tripoli bel suol d’amore”.

A cento anni dalla guerra di Libia (1911-2011)”, prendendo spunto dal primo verso della hit parade colonialista “A Tripoli “. La mostra-lampo è incentrata sulla figura di Gea della Garisenda e nasce da un progetto di Fabio Bruschi.

Cura e fotografie sono di Andrea Speziali, grafica di Giovanni Tommaso Garattoni, disegno di Maurizio Campidelli


Gea della Garisenda (Cotignola, 24 settembre 1878 – Villa Verucchio, 7 ottobre 1961)

Donne fatali e imprese coloniali: Gea della Garisenda fra Tripoli, Riccione e Villa Amalia

A Riccione si ricordano i 100 anni dalla guerra coloniale di Libia con  una manifestazione che prevede due prestigiose conferenze con presentazioni di libri (nella tradizionale rassegna estiva “Parole tra noi” del Block60, in collaborazione con il Comune) ed una singolare  mostra- lampo:  titolo generale “Tripoli bel suol d’amore. A cento anni dalla guerra di Libia (1911-2011)”. Prendendo  spunto dal celebre primo verso dello hit  coloniale “A Tripoli “, la mostra “Riccione, bel suol d’amore” , incentrata su Gea della Garisenda, regina dell’operetta  all’apice del successo nell’Italietta della Belle Epoque e del risveglio nazionalistico –dannunziano,  nasce da un progetto di Fabio Bruschi, sempre attento al rapporto tra personaggi legati a vicende nazionali e internazionali e una Perla Verde  capace di accoglierli e’ interpretarli’ , come ha dimostrato  nella bella rassegna di due anni fa, “Riccione 1939. Danzando sull’abisso”, dedicata al Premio Riccione d’anteguerra e a Vittorio Mussolini. Cura e fotografie sono di Andrea Speziali, grafica di Giovanni Tommaso Garattoni, disegno di Maurizio Campidelli.

In questo articolo parleremo di due donne, lontane nel tempo ma legate tra loro, a Riccione e alla Romagna: Gea della Garisenda, la fascinosa e carismatica cantante che ha portato la canzone “A Tripoli” alla ribalta non solo del teatro leggero ma dell’Italia intera, con enorme successo e Amalia di Brunswick, l’ antesignana di tutte le turiste straniere d’alto rango che arrivano in Romagna con l’amante.

 GEA

Nel settembre 1911, a poche settimane dalla partenza delle truppe italiane verso ila Libia, la sensuale Gea Della Garisenda fece scandalo presentandosi sul palco del teatro Balbo di Torino vestita solo della bandiera italiana (o almeno così narrò la leggenda – in realtà indossava la divisa bianca della Marina e la bandiera la fasciava strettamente, esaltandone le forme), per cantare “A Tripoli”, inno coloniale che , inserito nell’operetta “Monopoleone”,  ottenne immediatamente un enorme successo,  anche grazie alla  trovata scenica di Gea. La star dell’operetta all’epoca era considerata una delle donne più belle d’Italia: oggi i canoni sono cambiati, ma osservando le sue foto non possiamo fare a meno di restare colpiti dal suo sguardo malizioso e invitante. La cantante di umili origini ( nata a Cotignola, cuore della Romagna, in famiglia numerosissima, ventisei figli !) riuscì a farsi strada non solo grazie alle indiscutibili doti vocali, ma probabilmente anche per l’intelligenza e il savoir faire. Alessandra (in famiglia Sandra o Sandrina) Drudi fu educata dalle suore poi dei benefattori del luogo le pagarono la retta al Liceo Musicale di Bologna.

Debuttò nel teatro locale, interpretando la Mimì pucciniana, ma divenne ricca e famosa quando passò all’operetta, assumendo il nome d’arte Gea della Garisenda, suggeritole da Gabriele D’Annunzio. Alessandra, infatti, era diventata amica dei personaggi più in vista dell’epoca, molti dei quali la corteggiavano. Dapprima sposò Pier Giovanni Dragoni, poi si innamorò di Teresio Borsalino, senatore e imprenditore passato alla storia per i suoi cappelli; Gea e Teresio amavano trascorrere le vacanze a Riccione, come molti vip dell’epoca; la cantante decise di acquistare dapprima un villino al mare, in via Ponchielli, di cui oggi non resta traccia, poi una vasta tenuta in campagna a Verucchio, appartenuta a Carolina Amalia di Brunswick – di cui parleremo più avanti – dove trascorse piacevolmente gli anni della maturità. La sala principale della villa fu affrescata dal pittore Marcello Dudovich, suo grande amico.

Alla Tenuta Amalia si possono ammirare il capo della diva scolpito sull’arco di ingresso, con acconciatura dei capelli che ricorda la sua pettinatura di scena  e un  busto nel cortile interno che la ritrae in età più matura e in un’attitudine più domestica.

AMALIA

Carolina Amalia di Brunswick nel 1795 sposò Giorgio di Galles, principe reggente di Gran Bretagna che anni dopo sarebbe stato incoronato come Giorgio IV. Il matrimonio era, ovviamente, combinato. i coniugi conducevano vite separate; Amalia, in particolare aveva preferito trasferirsi in Italia, dove aveva acquistato una splendida tenuta sulle colline riminesi; in Italia, a Milano, all’inizio del suo fatale ultimo viaggio nel bel paese del Grand Tour, la principessa aveva conosciuto il prestante Bartolomeo Pergami, che ne era diventato il sovrintendente ed era andato a vivere con lei more uxorio (nonostante fosse sposato e padre di due figlie). La storia italiana di Amalia divenne uno dei principali gossip dell’epoca in Inghilterra, come testimoniano numerose vignette satirico-politiche della stampa londinese; inoltre la futura regina, per la sua condotta “immorale” fu sottoposta ad una commissione d’inchiesta, mentre il Reggente, suo marito, conduceva indisturbato una vita ben più dissipata. Alla morte di Giorgio III nel 1821 , arrivò il momento, tanto atteso dal Reggente, di indossare la corona. Saputa la notizia, Amalia, che come al solito era in Italia, si precipitò a Londra per essere incoronata regina a Westminster, lasciando la tenuta all’amante italiano.

Giunta alla cattedrale, però, trovò le porte sbarrate per ordine del re suo consorte.

Nonostante l’opinione pubblica democratica e popolare fosse dalla sua parte, la corte l’aveva esclusa dalla cerimonia d’incoronazione. Poche settimane dopo, consumata dal dolore e dal dispetto,  fu trovata morta.

– I MEDIA NE PARLANO –

Da Tripoli a Riccione passando per Gea della Garisenda

RICCIONE – Notizie Riccione – mer 13 lug 2011
di Lorella Barlaam

“Parole tra noi” – A cento anni dalla guerra di Libia
A fare il punto Franco Cardini, Sergio Valzania, Salvatore Bono

«Dovremo pur occuparci, quest’anno, del centenario della guerra italo-turca per il controllo di Tripolitania e Cirenaica, quella che noi chiamiamo “guerra di Libia”, combattuta appunto tra 1911 e 1912 (“corsi e ricorsi”?)» asserisce lo storico Franco Cardini su Il Tempo (27/3). Dobbiamo, non senza segnalare una singolare liaison tra le vicende di una guerra che torna a deflagrare nel suo centenario, e Riccione. Dove lo stesso Cardini, uno dei nostri maggiori medievisti, e Sergio Valzania, storico e giornalista, il 16 luglio si confronteranno sulla Guerra di Libia presente e passata, di cui tante tracce restano nella nostra toponomastica. L’occasione è la presentazione del libro Tripoli bel suol d’amore. Testimonianze sulla guerra italo-libica (IsIAO) di Salvatore Bono, professore di Storia dei paesi afroasiatici all’Università di Perugia, in calendario per “Parole tra noi”, in p.le Ceccarini alle 21.15. “A cento anni dalla guerra in Libia” i tre valenti studiosi ne ricostruiranno corsi e ricorsi. Partendo dal settembre 1911, quando tra il 4 e il 5 le truppe italiane, inviate da Giolitti contro l’Impero Ottomano con ambizioni coloniali, sbarcarono a Tobruk e Tripoli per impossessarsi della Tripolitania e della Cirenaica. La guerra fu combattuta con tecnologie d’avanguardia – ben nove gli aerei – e terminò nell’ottobre 1912, con l’assegnazione all’Italia del controllo della fascia costiera tra Zuara e Tobruk, e la nascita della Libia italiana. Quanto ai ricorsi, è storia di oggi l’appoggio italiano all’Odissea all’alba, l’intervento militare “umanitario” in Libia «che avrebbe lo scopo d’impedire pesanti ritorsioni aree delle truppe del rais Gheddafi sulla popolazione civile», contro il quale Cardini ha scritto in marzo un “appunto” veemente (www.francocardini.net/appunti.htm). Un successivo spunto di riflessione storica pacata e approfondita lo offrirà il giornalista Marco Cimmino il 28 luglio, presentando il suo libro Da Yalta all’11 settembre (ore 21.15 al Block60). Ma la promessa liaison Libia/Riccione? Ad accendere la miccia dell’entusiasmo patriottico per l’invasione della Libia, l’8 settembre 1911, era stata Gea della Garisenda, statuaria Diva dell’operetta: sul palco del teatro Balbo di Torino, drappeggiata nel tricolore, aveva intonato quell’A Tripoli! che divenne famosa come Tripoli bel suol d’amore, e tornò in auge durante l’impresa mussoliniana in Libia. Per Alessandra Drudi, ribattezzata Gea della Garisenda dal D’Annunzio, l’innamoratissimo industriale Teresio Borsalino aveva fatto costruire un villino a Riccione, nel 1923: Villa Garisenda, in via Ponchielli. La coppia fu tra le protagoniste della vita elegante del tempo, ospite di Donna Rachele a Villa Mussolini. Al declino della sua fulgida carriera, Gea si ritirò nella sua Tenuta Amalia, a Villa Verucchio, facendola diventare un salon d’arte e cultura. Di cui resta testimone la sala “Delle Bandiere”, affrescata per lei dal grande grafico Marcello Dudovich. Ancora nel nome di Gea della Garisenda, il 16 luglio dalle 20 alle 24, una mostra lampo ideata da Fabio Bruschi, a cura di G.T. Garattoni e A. Speziali che in p.le Ceccarini ne farà rivivere l’icona, rileggendo le immagini ritrovate della Diva. Non poteva che intitolarsi “Riccione, bel suol d’amore”.

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